L’attentato all’aeroporto di Kabul mostra che ci sono forze oscure in Afghanistan, disposte a interrompere una transizione pacifica dopo la partenza delle truppe statunitensi. Ma che dire dell'”esercito ombra” dell’intelligence statunitense, accumulato in due decenni di occupazione? Chi sono e qual è la loro agenda?
Quindi abbiamo il direttore della CIA William Burns che si dispiega in fretta a Kabul per sollecitare un’udienza con il leader talebano Abdul Ghani Baradar, il nuovo potenziale sovrano di un’ex satrapia. E lo prega letteralmente di prorogare una scadenza per l’evacuazione delle risorse statunitensi.
La risposta è un sonoro “no”. Del resto, la scadenza del 31 agosto è stata fissata dalla stessa Washington. Prolungarlo significherebbe solo l’estensione di un’occupazione già sconfitta.
Il ‘Mr. Burns va a Kabul’ e il cappero fa ormai parte del cimitero del folklore degli imperi. La CIA non conferma né nega che Burns abbia incontrato il Mullah Baradar; un portavoce dei talebani, deliziosamente diversivo, ha detto di “non essere a conoscenza” di un simile incontro.
Probabilmente non sapremo mai i termini esatti discussi dai due improbabili partecipanti, supponendo che l’incontro abbia mai avuto luogo e non sia una volgare disinformazione di informazioni.
Nel frattempo, l’isteria pubblica occidentale è, soprattutto, focalizzata sulla necessità imperativa di estrarre tutti i “traduttori” e gli altri funzionari (che erano di fatto collaboratori della NATO) dall’aeroporto di Kabul. Eppure un silenzio tonante avvolge quello che è in realtà il vero affare: l’esercito ombra della CIA lasciato indietro.
L’esercito ombra è costituito da milizie afgane istituite nei primi anni 2000 per impegnarsi nella “contro-insurrezione” – quell’adorabile eufemismo per le operazioni di ricerca e distruzione contro i talebani e al-Qaeda. Lungo la strada, queste milizie hanno praticato, a frotte, quella proverbiale combinazione semantica che normalizza l’omicidio: “uccisioni extragiudiziali”, di solito una sequela di “interrogatori potenziati”. Queste operazioni erano sempre segrete secondo il classico playbook della CIA, assicurando così che non ci fosse mai alcuna responsabilità.
Ora Langley ha un problema. I talebani hanno tenuto cellule dormienti a Kabul da maggio, e molto prima in determinati organi del governo afghano. Una fonte vicina al ministero dell’Interno ha confermato che i talebani sono effettivamente riusciti a mettere le mani sull’elenco completo degli agenti dei due principali schemi della CIA: la Khost Protection Force (KPF) e il National Directorate of Security (NDS). Questi agenti sono i principali bersagli talebani nei posti di blocco che conducono all’aeroporto di Kabul, non casuali e indifesi “civili afgani” che cercano di fuggire.