Washington carica la democrazia in Venezuela

 

                                Manifestante a Caracas (Photo/Ariana Cubillos – AP)

di Deena Stryker*

Nei primi anni della rivoluzione, Fidel Castro aveva contrapposto la lunga serie dei “golpisti” latinoamericani al fatto che lui ed i suoi seguaci sono saliti al potere vincendo militarmente l’esercito di Batista, appoggiato dagli Stati Uniti. Da quel momento, quasi tutti i paesi latinoamericani hanno sperimentato il potere della sinistra acquisito attraverso le urne. Il più famoso, quello del Presidente Allende di Cile, è terminato violentemente, tuttavia nessuno è stato sfidato così apertamente da Washington come quello di Nicolás Maduro, il successore designato da Hugo Chávez della Rivoluzione Bolivariana.

Da quello che possiamo vedere su France 24, questa non è una rivolta popolare come sostenuto da Juan Guaidó, né il governo di Maduro è una dittatura militare, l’ultimo termine descrittivo usato invece dalla televisione nordamericana. Ma non importa; Washington dichiara che “il popolo venezuelano chiede libertà e democrazia“. Fino ad ora, nel lessico americano “libertà e democrazia” dovevano essere vinti nelle urne. Ma quando si tratta del petrolio del Venezuela, se ci vuole una minaccia di violenza, va bene. Il fatto che l’esercito venezuelano continui a sostenere Nicolás Maduro dimostra che ha interiorizzato l’ideologia socialista di Chávez, come risulta dalle dichiarazioni del Ministro della difesa, Vladimir Padrino, da quando Guidó ha lanciato la sua offensiva per il potere pochi mesi fa.

Mentre l’UE ha seguito la linea USA, la reazione della Spagna agli eventi recenti in Venezuela è la stessa che aveva adottato nei confronti della rivoluzione cubana. Entrambi i paesi ritenevano che il loro patrimonio spagnolo condiviso superasse i cambiamenti nel governo, i cubani che volevano andarsene potevano volare a Madrid, e io sono stato trattato come un torero  spagnolo a Natale.

Il governo degli Stati Uniti, sebbene non sia in grado di invocare un patrimonio condiviso, sostiene che Juan Guidó sia il “presidente ad interim” fino a quando non ci saranno nuove elezioni. Il giovane ambasciatore venezuelano alle Nazioni Unite ha annunciato che “il popolo venezuelano è pronto per un cambiamento“, e il consigliere della sicurezza nazionale John Bolton, in una conferenza stampa televisiva, sostiene che questo non è un colpo di stato perché le elezioni del 2018, che ha vinto Maduro, sono state truccate. Allo stesso tempo, ha chiarito la determinazione di Washington per ottenere un cambiamento in Venezuela, avvertendo che ‘che ogni ipotesi è sul tavolo‘. Mentre sosteneva che “Cuba aveva inviato poliziotti motociclistici per terrorizzare Caracas”(???), non riusciva a riconoscere che dalla Rivoluzione (cubana-ndt.) in avanti, l’America Latina è cambiata: ci sono anche russi e cinesi nell’ex cortile degli Stati Uniti.

*Deena Stryker è una giornalista esperta di geopolitica, ricercatrice e autrice di saggi che è in prima linea da oltre trent’anni

Fonte: New Eastern Outlook – USA 

https://journal-neo.org/2019/05/03/history-going-backwards-in-venezuela/