Il Messico verso la quarta trasformazione


“Oggi non inizia solo un nuovo governo, oggi comincia un cambiamento di regime politico. A partire da ora si avvierà una trasformazione politica e ordinata, ma al tempo stesso profonda e radicale”. Con queste parole, pronunciate alla Camera il primo dicembre all’atto dell’insediamento, Andrés Manuel López Obrador ha indicato che il suo governo intende voltare pagina, dando il via a quella quarta trasformazione del paese (dopo la lotta per l’indipendenza, le riforme in senso laico e modernizzatore di Benito Juárez, la Rivoluzione del 1910) che aveva promesso in campagna elettorale.

Non lo aspetta un compito facile. La guerra al narcotraffico, scatenata dalla presidenza Calderón, ha portato a quasi 200.000 omicidi solo nel sessennio di Peña Nieto, mentre i poteri dei cartelli della droga si sono estesi a tutto il territorio nazionale. Nel macabro elenco dei caduti figurano numerosi leader comunitari: tra le ultime vittime Julián Carrillo, difensore della sierra tarahumara, e Noel Castillo, del Comité por la Defensa de los Derechos Indígenas di Oaxaca, assassinati in ottobre. Moltissimi anche i giornalisti, tanto che il Messico è considerato uno dei paesi più pericolosi per questa professione. Proprio il giorno dell’insediamento è stato trovato il corpo senza vita di Jesús Alejandro Márquez Jiménez, direttore del settimanale Orión Informativo ed ex candidato di Morena a regidor del municipio di Tuxpan. E la spirale di violenza è alimentata dall’impunità. Per dare un segno di cambiamento López Obrador ha posto tra i suoi punti programmatici un’indagine a fondo sul caso più emblematico di questi anni: la scomparsa dei 43 studenti di Ayotzinapa.

Nel “fallimento del modello neoliberista applicato in 36 anni” e nel “predominio della più immonda corruzione pubblica e privata” Amlo ha individuato le cause della crisi in cui versa il paese. La presidenza di Peña Nieto ha visto la politica neoliberista portata alle estreme conseguenze, con l’apertura dell’industria energetica ai privati. Gli effetti non sono stati quelli sperati: non sono arrivati gli attesi capitali esteri, mentre il prezzo dei combustibili è cresciuto e la produzione è calata, tanto che attualmente il Messico deve importare non solo benzina, ma anche greggio. López Obrador propone un’inversione di tendenza, con maggiori investimenti pubblici indirizzati non soltanto all’ammodernamento del settore, ma alla costruzione di nuove infrastrutture. I fondi per tali progetti e per i programmi sociali a favore di disoccupati, studenti, pensionati verranno reperiti attraverso la lotta alla corruzione e la riduzione delle spese di gestione. Lo stesso Amlo ha voluto dare l’esempio, decidendo la vendita dell’aereo presidenziale e tagliando del 40% il proprio appannaggio.

Anche nel metodo di governo si preannuncia una svolta. Le scelte su temi rilevanti per la vita dei cittadini saranno sottoposte a consultazione popolare: è già avvenuto in questi mesi di transizione con il progetto del nuovo aeroporto internazionale della capitale, che era avversato dagli ambientalisti e dagli ejidatarios della zona e che è stato bocciato dalla maggioranza dei votanti. E’ previsto inoltre un plebiscito nella prima domenica di luglio 2021, che potrà decidere la revoca del mandato presidenziale.

Il primo impegno della nuova amministrazione sarà quello di prestare particolare attenzione alla condizione della popolazione indigena: “E’ una vergogna che i nostri popoli originari vivano da secoli sotto l’oppressione e il razzismo, caricando sulle spalle la miseria e l’emarginazione”. E le comunità native hanno risposto dando fiducia al neopresidente: nel corso di un solenne rituale nello Zócalo della capitale hanno chiesto per lui la protezione degli antenati e la leader comunitaria di Oaxaca, Carmen Santiago Alonso, a nome dei 68 popoli originari gli ha consegnato il bastón de mando. Carmen, la guardiana del agua, è una figura nota e rispettata per la sua lunga lotta in difesa delle risorse idriche minacciate dall’attività estrattiva, una battaglia che finora ha trovato nel governo federale un nemico. La consacrazione di Amlo nello Zócalo costituisce dunque una svolta storica: è la prima volta che un capo dello Stato messicano riceve in questa forma il simbolo indigeno del comando, segno di potere e di grande responsabilità.

(Fonte: Latinoamerica-Online)