La ribellione necessaria

Come per il “fallito assalto al Moncada” di Fidel Castro, anche in Venezuela la Rivoluzione era partita con un’operazione non riuscita…

di Adán Chávez*

La Rivoluzione Bolivariana è stata fin dalla sua genesi un progetto unitario, mosso dall’idea di unire le volontà per la difesa della dignità nazionale, di fronte agli eccessi dei governi della Quarta Repubblica; motivazione fondamentale dell’insurrezione civile-militare del 4-F del 1992.

Questa insurrezione fu, senza dubbio, un’azione donchisciottesca; soprattutto considerando che, nonostante l’enorme malcontento in caserma, i militari che agivano erano una minoranza. Nessun generale al comando delle truppe era coinvolto, nessun ufficiale della Marina o della Guardia Nazionale si era unito; Inoltre, si sapeva che gli ufficiali coinvolti erano stati traditi da uno dei Capitani che faceva parte del Movimento.

Pochi giorni prima della ribellione, è stato completato il documento che sarebbe stato presentato al paese se l’azione avesse avuto successo, chiamato “Progetto nazionale Simón Bolívar: governo di salvezza nazionale”, in cui sono stati spiegati i suoi fondamenti ideologici. sostenuta come è noto nell’Albero delle 3 Radici. (L’albero dalle tre radici: Simón Bolívar, Simón Rodríguez e Ezequiel Zamora-ndr.)

Il documento ha anche definito gli obiettivi generali del progetto, sulla base della risposta alla domanda: qual è il motivo per cui siamo, qui e ora, annunciati e promuoviamo profondi cambiamenti all’inizio dell’ultimo decennio di questo secolo perduto? Obiettivi che, come richiamati nel Piano, fanno parte dei più pressanti bisogni umani, individuali e collettivi, non solo di ordine materiale ma anche di ordine politico e culturale.

È chiaro nel documento che l’insurrezione civile-militare perseguiva la presa del potere politico per istituire un Consiglio Generale Nazionale, composto da civili e militari, organo responsabile della creazione di un’Assemblea Costituente, per salvare la Patria e costruire una democrazia partecipativa e guida.

Lo stesso comandante Chávez ha affermato in diverse occasioni che in questo progetto iniziale non si faceva alcun riferimento esplicito al socialismo, ma ovviamente, chi lo può negare, c’erano elementi di grande contenuto umanistico e, quindi, socialista in tutti gli approcci che lo supportano. In ogni caso, quando si discusse di questo progetto, era prematuro proporlo apertamente come alternativa socialista per il salvataggio della Patria.

II

Come è noto, la ribellione non ha potuto concludersi con successo, non riuscendo nemmeno ad arrestare il presidente Pérez, che era un obiettivo fondamentale per ottenere la presa del potere politico, come ha poi espresso il comandante Chávez. Uno scopo che non è riuscito, tra l’altro, perché, come detto prima, l’azione è stata svelata da un Capitano membro del Movimento, per il quale l’Alto Comando Militare aveva preso alcune precauzioni.

Chávez ha detto a Ramonet (Ignacio Ramonet, intellettuale e notissimo giornalista, fondatore di Le Monde Diplomatique-ndr.) in questo modo: la denuncia del capitano René Gimón ha sconvolto i nostri piani. Dal 3 febbraio l’Alto Comando ha iniziato a disarmare i nostri battaglioni disposti a insorgere, hanno preso i fucili dei soldati, hanno smontato le batterie dei veicoli, rimosso le radio dai carri armati e confiscato le munizioni.

Un altro elemento chiave per il fallimento militare del 4-F è stato il fallimento delle comunicazioni tra gli ufficiali coinvolti. Un aspetto che il comandante Chávez riferì come segue: io stesso, che dovevo coordinare l’intera rivolta, non avevo l’attrezzatura tecnica necessaria e (anche) alcuni membri del nostro Movimento, nelle città dell’interno, hanno avuto un comportamento indeciso o non hanno potuto prendere il controllo della loro Caserma.

Inoltre, e viste le circostanze che si sono verificate, i compagni dell’Aeronautica hanno ritenuto molto pericoloso volare. Una situazione alla quale bisogna aggiungere anche il fatto che alcuni gruppi civili, militanti di partiti di sinistra, che avevano promesso di partecipare all’acquisizione di emittenti radiofoniche e televisive, in fondo, non sono mai apparsi.

III

Negli ultimi minuti pesarono oltre alle indecisioni, indubbiamente influenzate dal fatto che nella prima mattinata di quel giorno il presidente Pérez, dopo essere riuscito a sfuggire alle azioni di cattura che erano state progettate, si rivolse alla Nazione, ebbe importanza il suo discorso, che ha avuto un effetto dissuasivo sui militari e sui civili, in luoghi dove era essenziale ottenere il controllo.

La ribellione fallì, così il comandante Chávez decise di comunicare con il generale Santeliz Ruiz, per informarlo che avrebbero deposto le armi. Intorno alle 10 del mattino di quel 4 febbraio, Chávez si arrese e fu portato a Fort Tiuna, dove apprende che i combattimenti sono continuati in alcuni luoghi a Caracas, Maracay e Valencia e che l’Alto Comando Militare stava per ordinare il bombardamento dei luoghi dove i bolivariani continuavano a resistere, senza sapere che Chávez si era arreso, dopo non aver raggiunto gli obiettivi proposti, e per evitare ulteriori spargimenti di sangue. Chi continuava a combattere non lo aveva scoperto, proprio a causa del grave fallimento nelle comunicazioni di cui abbiamo accennato.

Dopo aver appreso dell’intenzione del bombardamento, Chávez rimprovera i presenti sul motivo per cui volevano procedere in quel modo, visto che i bolivariani si erano già arresi. Una domanda la cui risposta gli permette di conoscere la resistenza che proprio stavano dando i bolivariani. Ecco perché propone come formula per evitare tragedie maggiori, che gli venga data l’opportunità di comunicare con la sua gente. È lì che l’ammiraglio Rodríguez Citraro dice al leader storico della rivoluzione bolivariana: perché non lanciate, attraverso i media (di comunicazione), un messaggio di resa a tutti i vostri uomini?

Il leader bolivariano accetta ed è allora che si svolge questo importante evento storico per questo processo: il comandante Chávez, con grande forza d’animo nonostante tutte le avversità, si assume la responsabilità della ribellione e lancia il messaggio di speranza al suo popolo e al mondo. quello che è diventato poi il “PRESENTE ATTUALE”.

**Adán Chávez Frías è professore universitario, fisico e politico venezuelano, ex Ministro del Potere popolare per la cultura, attuale ambasciatore venezuelano a Cuba. Fratello di Hugo Chávez Frías.

Fonte: Cubadebate – Cuba

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