Il Venezuela insorge contro la guerra economica

di Pasqualina Curcio*
Vediamo da vicino le dimensioni della guerra economica in corso contro il popolo venezuelano. Sono trascorsi ormai 7 anni da quando i monopoli transnazionali e nazionali ci obbligano a fare delle lunghe file, e a correre da un posto all’altro per ottenere dei beni vitali (alimento, farmaci ed articoli di igiene). La nostra moneta, il bolivar, e’ stata attaccata il 29.862.393.456 %: nel 2012 il tasso di cambio era di 8,69 bolivar per dollaro USA, oggi delle pagine web tipo “DolarToday”, senza alcun fondamento economico, ma in base a puri criteri politici e guerrafondai, fissano che ci voglio 2.595.042.000 bolivar per avere 1 dolaro USA, e contribuiscono grandemente al prodursi di una incessante scalata dei prezzi dal 2013.
Questa guerra senza precedenti storici, date le sue dimensioni, ha avuto inizio nel 1999 e si e’ poi intensificata nel 2013. Il popolo venezuelano non ha solo resistito, ma ha deciso di insorgere eroicamente. Si tratta di un fenomeno inspiegabile per Donald Trump e i suoi consiglieri, tanto che il loro numero uno -John Bolton- è stato licenziato.
Noi, i venezuelani, abbiamo fatto qualcosa che gli imperialisti nordamericani non riescono a decifrare.

Le lezioni della guerra 
 
Questa e’ una lotta di classe: quel che sembrava retorica, oggi è una realtà che si vive giorno dopo giorno. E’ chiaro che ci sia lotta di classe quando -nei circuiti dei mercati privati- la relazione tra i salari, i prezzi e il profitto (Marx dixit) diventa una caricatura. L’aumento accelerato e sproporzionato dei prezzi, è la conseguenza dell’attacco alla moneta. La logica del mercato capitalista, fa precipitare il salario reale, fino al punto in cui gli operai non riescono più a soddisfare i loro bisogni materiali. I dipendenti delle panetterie che ricevono 40.000 bolivar al mese, vale a dire un po’ piu’ di 1.000 bolivar al giorno, non possono nemmeno acquistare uno delle decine di pani che mettono al forno ogni giorno. Il prezzo di ogni pane è di 10 000 bolivar.
L’economista venezuelana Pasqualina Curcio
Il mito dell’inefficienza dello Stato
Immaginate se in questi tempi di guerra, noi non avessimo un sistema nazionale di salute pubblica che assiste l’85% della popolazione, nonostante le carenze che lo caratterizzano. Immaginate che non ci fosse un piano statale di immunizzazione che garantisce le vaccinazioni al 90% della popolazione.
Proviamo a pensare che la sola opzione possibile fosse l’acquisto dei vaccini per i nostri bambini con i dollari, come richiedono i medici del settore sanitario privato. In questi tempi di guerra, dov’è finita la famosa “efficacia” dei privati? Quante persone ricorrono alle cliniche private e a quale prezzo, e quanti sono protetti dalle assicurazioni? Chi da una risposta alla popolazione, il circuito privato o quello pubblico?

Immaginiamo che non esistano scuole pubbliche, né licei o università che accolgono il 90% dei nostri adolescenti e giovani, e che esistano solo scuole e università private -in questi tempi di guerra- a fornire l’istruzione. Proseguiamo l’esercizio dell’immaginazione, e supponiamo che il programma di alimentazione scolastica non esista. Immaginiamo Caracas senza metropolitana e le famiglie senza i Comitati Locali di Approvigionamento e Produzione (CLAP).

In termini di attivita’ industriale e commerciale, 98,71% e 99,87% appartengono rispettivamente al settore privato. Il settore pubblico non produce farina di mais, riso, pasta, olio, margarina, carta igienica, dentifricio o farmaci; l’industria privata li fa, soprattutto quella multinazionale, e -nel quadro di questa guerra che dura da 7 anni- si lamentano ed esigono di essere riforniti dallo Stato con valute straniere a buon mercato, come condizione per svolgere le loro funzioni di soddisfare le necessita’ della popolazione.

In questo scenario, è più efficace lo Stato che genera il 98% delle entrate in valuta pregiata  straniera o le imprese private che esportano un infimo 2% dei loro prodotti? E’ il governo che garantisce la salute e l’istruzione a più dell’85% della popolazione, o il circuito privato sempre in attesa di finanziamenti in valuta straniera e sottocosto?

L’occasione d’oro

Potremo vincere la guerra economica solo rafforzando l’area pubblica, collettiva, statale e comunale. E’ ora di avanzare nella costruzione del socialismo bolivariano del secolo XXI.

Cadere nella trappola monetarista e decapitalizzare l’amministrazione pubblica con la giustificazione che il denaro non può essere emesso perché sarebbe la causa dell’inflazione, significa sposare la strategia del nemico. In questi tempi di guerra, quando i salari evaporano grazie agli attacchi continuati contro la moneta, è essenziale rinforzare il circuito pubblico e comunale. E’ la sola garanzia per l’accesso della popolazione ai beni vitali e -cosi facendo- costruiamo il socialismo del secolo XXI. Nel 2003, di fronte a un lock-out (una serrata padronale-ndt.generale della lobby petrolifera, la strategia di Chávez fu quella di rafforzare il settore publico.

Immaginate questa guerra senza le “missioni sociali”. Ma no, ora noi siamo organizzati! Nonostante tutti i tentativi di destabilizzare, demoralizzare e smobilitare messi in atto dall’imperialismo, il popolo venezuelano -invece- insorge dall’interno di questa guerra, in modo cosciente e organizzato.

Sul territorio, nella comune, noi inventiamo, informiamo, comunichiamo, impariamo, noi risolviamo e ci mobilitiamo. Siamo organizzati nei Comitati Locali di Approvigionamento e Produzione (CLAP), nelle unità di lotta Bolívar/Chávez, nelle milizie, nei consigli comunali, nei consigli produttivi operai, nei comitati di salute, nelle missioni, nell’organizzazione nazionale femminile UNaMujer, ecc.
Le ferite di questa guerra sono profonde e dolorose, ma il popolo venezuelano si è indurito e resiste insorgendo.

Fallimento del modello socialista?

I media e i leaders d’opinione della destra, dicono che la causa di quel che i venezuelani soffrono oggigiorno, sarebbe il fallimento del modello socialista. Fallimento per chi? Tra il 1980 e il 1998, nel quadro del modello capitalista neoliberista, l’econonomia è cresciuta del 52% l’estrema povertà del 132%. Dal 1999 al 2015, dall’inizio della rivoluzione bolivariana, l’economia ha conosciuto una crescita del 43% e la povertà è scesa del 56%, nonostante l’assedio, la guerra economica e i sabotaggi con cui i venezuelani sono alle prese dal 1999. Il Venezuela resta ancora il paese meno diseguale dell’America Latina.

*Pasqualina Curcio è un’economista venezuelana, consigliere organico del governo bolivariano e autrice di saggi noti nei paesi latinoamericani. Tra questi il recente “La mano visibile del mercato, guerra economica in Venezuela”

Fonte: UltimaNoticia – Venezuela