ONU: Trump docet

Si vede che hanno ancora del tempo o credono di averlo

Contrariamente a quanto pensavo, il discorso di Donald Trump all’Assemblea Generale dell’ONU è stato abbastanza chiaro e sono poche le cose da decifrare tra le righe. Naturalmente avrei auspicato e apprezzato un punto su punto nei riguardi delle esternazioni di Russia e Cina, non ancora presentate ufficialmente, ma ampiamente diffuse dai rispettivi ministeri degli affari esteri.

Così non è stato, quindi risalta come primo dato che la morsa delle Colombe con gli artigli, i klintoniani, non è ancora disposta ad allentare la presa e preferisce andare agli stracci con i Falchi. Il sintomo esterno alla belligeranza, tutta statunitense, è la nuova minaccia d’inchiesta su Trump nell’Ucraina affair. In pratica mirano più in basso, visto lo svaporare di quella più in alto del Russia-gate, che ha tenuto banco mediatico per quasi tutto il mandato presidenziale prima di dissiparsi.

Secondo aspetto rilevante è quello che riguarda le invettive, le ingiurie e le calunnie verso i Paesi Bersaglio, quelli non in linea con gli interessi delle multinazionali anglofone. Come ormai da decenni vediamo i soliti noti sotto accusa, questa volta senza neppure l’uso dello sproloquio in salsa diplomatica.

La lista dei cattivi, che per essere tale deve comprendere sempre Cuba, viene aggiornata a secondo di dove non riescono a piazzare i propri proconsoli per spogliare le risorse, ed è sparsa a macchia di leopardo per l’intero globo: Iran, Venezuela, Cina, Russia, ecc., ecc.

Ridicolo sentirgli ammettere “davanti al mondo” che i sistemi militari statunitense piazzati a difesa dell’Arabia Saudita, cassaforte petrolifera angloamericana, siano stati trapassati da armi neppure troppo sofisticate lanciate dall’Iran. Chiaro a tutti che i costosissimi sistemi difensivi made in USA avrebbero dovuto proteggere i pozzi d’oro nero proprio da eventuali attacchi provenienti dell’Iran. Se Trump avesse sostenuto che i droni provenivano dallo Yemen, come da rivendicazione, almeno sarebbe parso sostenibile che quel fronte a sud non era protetto dal sistema. Sul colossale fallimento nella protezione del paese dove si trova la Mecca, ha pesato anche la battuta del leader russo Putin, che ha invitato il casato dei Saud a comprare i sistemi di difesa russi quando faranno la spesa la prossima volta, dato che sono certamente efficaci, come si è visto in Siria.

Infine di rilevante nel discorso di Trump, c’è l’assoluta mancanza di riferimenti al debito pubblico a stelle e strisce, con il disastro prossimo venturo tutto interno agli Stati Uniti per l’impossibilità di far fronte ai crolli dei sistemi infrastrutturali della Federazione. Aspetto il prossimo SHUT DOWN degli stipendi federali per tornare a parlarne…

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Quindi lo stato dell’arte dietro le parole del mandatario statunitense mi pare questo:

  1. …mi chiamo Trump e nella mia Amministrazione sappiamo benissimo che non vinceremo più neppure una partita a briscola contro gli avversari ad oriente, ma devo continuare a fare la voce grossa perché ancora mi marcano stretto dei “consigliori” imposti dai neocon mascherati da democratici. Quindi fino al prossimo turno elettorale, quello con il barbatrucco elettronico, potrò cacciarli via, come Bolton, solo uno alla volta.
  2. Il tentativo che avevo portato avanti di ritirarci anche parzialmente dalle spese ormai insostenibili che reggono le mille basi e le cinque missioni militari piazzate sul pianeta Terra (tra ufficiali e innominabili-nda.), ha trovato ostacoli pentagonali. Nonostante si possa contare ormai quasi solo su un esercito fatto di mercenari nelle zone operative, o forse a maggior ragione, il pericolo della fuga in stile vietnamita, con l’elicottero che evacua l’Ambasciata è tornato tra le ipotesi. Per ora devo mantenere ancora la pistola del distributore di benzina puntata alla testa dei barbari che vogliono disfare l’impero….  Il Pentagono, ancora portatore delle direttive della dottrina Rumsfeld/Cebrowski, ha iniziato a costruire la base navale di controllo del mediterraneo orientale, anti-russa, ad Alessandropoli in Grecia e dato che è fallita l’operazione “Fuori Assad dalla Siria“, crede di poter mettere il cerotto su quella lacerazione.
  3. Entro il prossimo mandato presidenziale sarà pronto il “Canale del Nicaragua” …e chi potrà fermare le super-petroliere cinesi che dal Venezuela -Oceano Atlantico- partiranno verso oriente -Oceano Pacifico- cariche di quel nettare che volevamo noi? La costruzione del Canale è già ora presidiata dagli accordi militari tra Nicaragua e Russia, le navi avranno bandiera cinese…Io, me, Trump, prossimo presidente, non potrò che assistere con il pallottoliere in mano al conteggio dei barili in viaggio.
  4. La nostra grande bufala degli idrocarburi da scisto prodotto negli Stati Uniti, non ha retto neppure con la pubblicità mediatica su larga scala. Anche i nazisti ucraini, amici dei miei dell’Illinois (dove sei mitico John Belushi-nda.), hanno alzato il sopracciglio quando abbiamo detto loro che il gas anziché dalla vicina Russia sarebbe arrivato dagli Stati Uniti, via nave…
  5. I movimenti separatisti nei vari stati dell’Unione (il più forte è in Texas-nda.) inizieranno a farsi sentire, come hanno fatto i funzionari federali nel 2018 con i massicci scioperi degli insegnanti e degli autisti di autobus. Per calmarli, proveremo a distribuire palloncini e caramelle durante la campagna elettorale.
  6. La lobby che mi ha piazzato qui mi ricatta ancora (Jeffrey Epstein è vivo e lotta insieme a noi?-nda.) e quindi non posso che rilanciare verso un nuovo incarico per proporre ancora, ma con meno verve, di fare grande l’America.

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Quindi, dico io, la Siria proseguirà verso una ricostruzione dolorosa e faticosa, il Venezuela resisterà con grandi sofferenze distribuite equamente tra la popolazione, l’Iran non sarà toccato altro che dai rigurgiti di bile e lo Yemen dovrà riprendere la sopravvivenza dopo tanta morte. Cuba è sempre lì, e resterà ferma nel dare l’esempio della resistenza e della dignità.

La variabile israeliana ci aspetta però con molte capacità di modifica dei vari programmi, per primo proprio quello statunitense. La variabile inglese invece pare -per il momento- andare a sbattere contro il muro per non aver preso bene le misure della cronologia nordamericana.

L’uscio quindi resta ancora aperto, poco, con il piede di Trump tra stipite e porta.

Lito