L’ultima cena al Festival del Cinema di Venezia

La pellicola cubana parteciperà nella sezione Classici fuori dalla Mostra, del 78º Festival Internazionale del Cinema di Venecia, che si svolgerà dal 1 al 11 settembre del 2021.

l crítico Luciano Castillo ha infrmato che la pellicola cubana /L’ultima cena/ (1976), del regista Tomás Gutiérrez Alea, partecierà alla sezione Classici fuori dalla Mostra, del 78º Festival Internazionale del Cinema di Venezia, che si svolgerà dal 1º al 11 settembre de 2021.

Il saggista ha scritto nel testo pubblicato nel sito web Cubacine che il film si proietterà nel Teatro Piccolo Arsenale, con altri 13 lungometraggi restaurati e di grande significato nella settima arte.

Spiccano in questa selezione /Sedotta e abbandonata/ (Pietro Germi, 1964), /Si vive solo una volta/ (Fritz Lang, 1937), Cronaca di un amore (Michelangelo Antonioni, 1950), /L’uomo del carretto (Hiroshi Inagaki, 1958) e /Fine della stagione/ (Zoltán Fabri, 1966).

Completano la mostra /Il círcolo rosso/ (Jean-Pierre Melville, 1970), /Serpico/ (Sidney Lumet, 1973), /Claudine/ (John Berry, 1974); /La giovane/(Souleymane Cissé, 1975), /Pezzo inconcluso per piano meccanico/ (Nikita Mijalkov, 1977), /La vendetta è mia/ (Shoei Imamura, 1979) e / Bravi ragazzi/ (Martin Scorsese, 1990).

Castillo ha spiegato che la pellicola /L’ultima cena/è stata restaurata mediante un accordo tra la Cinemateca di Cuba e l’archivio dell’Accademia delle Arti e Scienzec Cinematografiche di Los Ángeles, (USA).

Fonte: Granma – Cuba

http://granma.cu/

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Nota Bene: la pellicola non è mai stata distribuita in Italia. Riportiamo qui sotto la recensione del film che lo stesso Luciano Castillo aveva scritto per il Festival IL CINEMA RITROVATO di Bologna nel 2020. Questo renderà anche chiara la levatura del cinema di Tomás Gutiérrez Alea, conosciuto in Italia soprattutto per “Fragole e cioccolato”, ma non per il resto dei suoi film, quasi tutti memorabili.

La última cena, ironica allegoria sull’ipocrisia religiosa della società coloniale del Diciottesimo secolo, è un’opera magistrale dalla prima all’ultima immagine. L’idea iniziale del film nacque dalla lettura di un singolo paragrafo del voluminoso saggio economico El ingenio (1964), dello storico Manuel Moreno Fraginals, nel quale si racconta la storia del Conte di Casa Bayona, che un Giovedì santo lavò i piedi a dodici dei suoi schiavi e li invitò alla sua tavola per alleggerirsi la coscienza. Le conseguenze di questa azione saranno imprevedibili. L’impressionante sequenza della cena è il nucleo strutturale del film; quasi un’ora durante la quale vengono presentati i personaggi degli schiavi e, come dichiarò il regista, “è qui che si rivela la specifica personalità di alcuni schiavi che interpretano momentaneamente il ruolo di apostoli. L’intento è quello di mettere in discussione l’immagine assai controversa che la cultura dell’oppressore ha costruito dello schiavo, rivelandone così tutti gli aspetti contraddittori”. La última cena è un film metaforicouna ricostruzione in forma di parabola di fatti realmente accaduti. La critica ha sottolineato lo sguardo caustico con cui viene messa in discussione la ‘doppia morale’ e la duplicità tanto del cattolicesimo quanto di qualsiasi altra religione; una riflessione di straordinaria attualità su parola e potere, schiavitù e libertà, sottomissione e ribellione, ideologia e oppressione, rito ed etica. Nonostante il conflitto si collochi nel Settecento, il riferimento è chiaramente all’epoca contemporanea e costituisce “una drammatica riflessione sull’intolleranza, l’ipocrisia e l’ostinata lotta dell’uomo per ottenere la piena libertà”, come sostiene Ambrosio Fornet, “una vera galleria di tipologie e comportamenti umani che serve a esplorare tratti puramente individuali o, a volte, i segreti meccanismi della coscienza collettiva”. […] Dopo la cena, la realtà prende il sopravvento per quel gruppo di schiavi ‘eletti’, ingannati dalle parole del Conte che, sotto gli effluvi dell’alcol, paragona sé stesso a Cristo. Il microcosmo di questi dodici schiavi neri si espande dunque a tutta la collettività, che si ribellerà e verrà repressa con incredibile durezza. Il film si caratterizza per la profondità con cui tratta il tema della schiavitù, diventando l’opera definitiva su un tema già diffusamente trattato dal cinema cubano degli anni Settanta. 

Luciano Castillo