Mike Pompeo mette in crisi le opposizioni e smantella il piano Guaidò

Mike Pompeo, dopo essersi lamentato che oltre a Guaidó esisterebbero ben altri 40 ladroni, non sapendo dove andare a parare con il piano fallito, sconfessa pian piano il 1° burattino

Juan Guaidó, Iván Duque y Mike Pence quando lanciavano la pressione sul Venezuela da Bogotá

Varie sono le reazioni della dirigenza anti-chavista sulle dichiarazioni del capo della diplomazia nordamericana Mike Pompeo, trapelata dal Washington Post alcuni giorni prima. Quello che appariva come un’operazione di controllo sulle comunicazioni, sarebbe in realtà un’azione di distacco dell’autocratico gruppo dirigente che comanda alla Casa Bianca, come in altre occasioni, cambiando la propria agenda e scaricando i propri agenti decaduti. Lo smantellamento delle piattaforme anti-Chavez in Venezuela da parte delle amministrazioni statunitensi ha avuto momenti diversi, già avvenuti con il coordinatore democratico all’inizio di questo secolo e più recentemente con la Tavola Democratica Unita (MUD). Sono venute alla luce le tensioni interne delle diverse espressioni dell’anti-chavismo, che oltre a confermare le parole di Pompeo, danno a tutti l’opportunità di attaccare o difendere il gruppo operativo di turno: Volontà Popolare (quello di Guaidó-ndt.).

Sconfitta dichiarata?

Il rappresentante speciale dell’amministrazione Trump per il Venezuela, Elliott Abrams, raccomandava al chavismo di tornare in Parlamento e di concordare con l’opposizione una transizione che portasse alle elezioni, una dichiarazione che indica un cambio di programma e la rinuncia all’acutizzarsi improvviso della crisi politica. Pare che ora “tutte le opzioni” sembrano scartate perché le minacce hanno un altro tono, mentre cercano d’intensificare le sanzioni, generare malcontento e aprire uno scenario elettorale per indurre un risultato come quello legislativo del 2015.

Così Abrams ammetteva che il colpo di Stato per rovesciare il governo nazionale è fallito e non possono vedere un futuro immediato senza il chavismo come parte della cultura politica del Paese, e che, di suo, lo Stato profondo che ha davvero le redini degli Stati Uniti vede eccessivo l’intervento militare. La presa del potere assaltando con sconvolgimenti sociali tende ad estinguersi, mentre l’antichavismo riconosce già che il dialogo di Oslo, in Norvegia, ne vincola le azioni. Con l’interesse di nascondere le fratture, il politologo antichavista Luis Salamanca aveva detto che il governo degli Stati Uniti optava per una strategia contro il governo costituzionale del Venezuela da diversi fronti, con tutte le opzioni sul tavolo, così come il “presidente ad interim”, che non ha escluso la via del dialogo in Norvegia. “La strategia di Guaidó va di pari passo con quella degli Stati Uniti, non vedo alcuna contraddizione, deve lottare su tutti i fronti e questo è ciò che Guaidó fa sul fronte elettorale, internazionale, negoziale e militare”, disse senza nominare il fronte economico.

Opinioni divergenti come l’anti-chavismo

Uno dei personaggi che ha espresso il suo parere era stato l’ex-candidato presidenziale Henri Falcón, che concordava con le dichiarazioni di Pompeo sulla classe politica anti-Chavez del venezuelana. “Pompeo ha detto la verità, ha confermato ciò che abbiamo criticato dell’opposizione”, aveva scritto Falcon nei suoi social network. Il capo del partito Avanzada Progresista aggiungeva: “Chiediamo di riflettere sul mandato di Pompeo, e di vederlo come critica costruttiva per propiziare, d’ora in poi, una profonda revisione dell’attuale strategia dell’opposizione, che non riusciva ad uscire da questo cattivo governo”. Da parte sua, Andrés Velásquez, altro ex-candidato presidenziale di sinistra e capo di Causa R., sosteneva le dichiarazioni del segretario di Stato nordamericano affermando : “Quello che dice Pompeo non è nuovo. Insomma, oltre all’opposizione dobbiamo anche annoverare quelli che aspirano nel PSUV, nel Chavismo, nel partito militare, e chi vuole coabitare, evangelizzare e relazionarsi”. Contrariamente a tali affermazioni, Salamanca e i deputati Williams Dávila di Acción Democrática, e Luis Lippa di Primero Justicia, avevano detto che, nonostante i disaccordi interni, i capi anti-chavisti appoggiavano Guaidó e che c’era convergenza tra i partiti politici su un obiettivo comune: la cacciata del Presidente Maduro. A tal proposito, Salamanca dichiarava che il MUD è morto, anche se nessuno l’ufficializzava, ed affermava che con le sue dichiarazioni Pompeo “non cerca d’indebolire l’opposizione venezuelana, ma di mandargli un messaggio in modo che capisca le differenze”, aggiungendo che Guaidó ha una “convergenza sulla strategia che propose per fermare l’usurpazione e andare ad elezioni democratiche”. Ed aveva anche detto che “l’unica forza che unisce l’opposizione è elettorale, non militare, non ha capacità di far danni; Maduro ha chiuso la via elettorale democratica perché sa che perderà e questa è l’unica forza dell’opposizione”, senza specificare sull’appello alle elezioni legislative che Maduro aveva presentato nelle settimane precedenti. Lippa, nel frattempo, dichiarava che non tornerà all’antipolitica che in passato portò “il regime di Chávez” a prendere il potere mentre Dávila indicava che “l’importante è rafforzare l’unità nei partiti e in Guaidó, che è il capo che abbiamo”.

Guaidó limita i danni: “Questa è la democrazia”

D’altra parte, e in risposta a Pompeo, Guaidó ha riconosciuto che l’anti-chavismo rimane unito “nel desiderio” di cacciare Nicolás Maduro. “Siamo uniti da desiderio e necessità di liberarci di Maduro”, affermava in un’intervista a Bloomberg. “Se 40 persone vogliono competere per la presidenza, sono benvenute, questa è la democrazia”, insistendo sulla permanenza delle sanzioni economiche imposte dagli Stati Uniti dopo aver considerato che qualsiasi insurrezione avrebbe solo “normalizzato” la crisi. Tali misure costituivano un’estorsione alla popolazione venezuelana, anche se presumibilmente solo i funzionari di alto rango del chavismo influivano negativamente sull’economia in generale e sulla vita del popolo. All’improvviso il discorso elettorale ridiventava un discorso anti-Chávez mentre scomparivano estraneità e negazione dei colloqui ad Oslo. Il segnale sembra essere cambiato nel centro dello Stato profondo transnazionale che governa negli Stati Uniti, cioè l’American Enterprise Institute (AEI), da dove provengono i personaggi dell’amministrazione Trump, come il consigliere per la sicurezza nazionale e uno dei principali attori nella politica aggressiva contro il Venezuela, John Bolton, il criminale di guerra Elliott Abrams, presente regolarmente ai vertici dell’AEI e invitato nei suoi forum e podcast; il vicepresidente Mike Pence e il segretario di stato Mike Pompeo, invitati a un incontro “segreto” dell’AEI all’inizio di marzo. Sembra che l’anti-chavismo si diriga verso l’opzione elettorale con la punta di diamante dell’economia nazionale, il piano di Guaidó naufragato e Pompeo che cambia l’agenda per ridurre il numero di agenti diretti dalla Casa Bianca.

Fonte: Misión Verdad – Venezuela

http://misionverdad.com/La-Guerra-en-Venezuela/mike-pompeo-coloca-en-crisis-a-la-oposicion-y-desmonta-el-plan-guaido