Free Julian Assange: now is a ONG battle

Julian Assange in uno dei recenti trasferimenti

Consideriamo un’importante ipoteca a favore della sorte di Julian Assange il fatto che alcune tra le maggiori organizzazioni operanti “sui” diritti umani, abbiano espresso parere contrario all’estradizione del fondatore di Wikileaks negli Stati Uniti. Non certo perché questo possa agevolare di per sé la vicenda verso questo esito che auspichiamo, ma perché consideriamo da tempo le mosse di queste O.N.G quali espressioni dirette del potere che le ha create e che le manovra. Dai nomi soavi, dalle imprese dedicate al “bene” -soprattutto nelle fasi iniziali- questi autoproclamati operatori degli interessi etici e morali dell’umanità, in tema di diritti, rappresentano in realtà -per il progressismo-  tutto, fuori che l’espressione “arrivano i nostri”.

Sono la pecetta che copre interessi spesso inconfessabili, come ci viene detto per esempio nel libro:

ONG, il cavallo di Troia del capitalismo globale, di Sonia Savioli, edito da Zambon.

Infatti su Assange esistono da oggi queste esternazioni:

Amnesty International e Human Rights Watch si oppongono all’estradizione di Julian Assange

Amnesty International ha dichiarato:

Amnesty International crede che Julian Assange non debba essere estradato o sottoposto ad altri trasferimenti negli Stati Uniti, dove si teme che possa affrontare un rischio reale di gravi violazioni dei diritti umani a causa del suo lavoro con Wikileaks:

Violazione del suo diritto alla libertà di espressione

Violazione del suo diritto alla libertà, derivante da qualsiasi detenzione preventiva e / o detenzione che è stata imposta sulla base di un procedimento giudiziario che ha violato la sua libertà di espressione

Violazione del suo diritto alla vita, se la pena di morte dovesse essere disponibile in qualsiasi procedimento che potrebbe affrontare negli Stati Uniti

Essere trattenuto in condizioni che violano i suoi diritti di trattamento umano e il rispetto della sua dignità e potenzialmente il suo diritto a non essere sottoposto a trattamenti o punizioni crudeli, inumani o degradanti “.

Kenneth Roth, direttore di Human Rights Watch ha dichiarato:

Se l’Ecuador e il Regno Unito fossero seriamente intenzionati a proteggere Assange, fornirebbero garanzie non solo contro la pena di morte, ma anche contro il procedimento penale per qualsiasi cosa che i giornalisti fanno tipicamente, come pubblicare informazioni trapelate”.

Di positivo per il futuro di Assange, esiste anche la rivitalizzata accusa di violenza sessuale in Svezia, con recupero della richiesta d’estradizione. Essendo questa istanza antecedente alla richiesta medesima made in USA, potrebbe rappresentare la scelta a cui i giudici britannici “si dovranno adeguare”. Risibili e già sotterrate le accuse di violenza, sono state riesumate ora ad orologeria per fare il gioco di chi ha il potere d’imporsi ovunque e comunque. Meglio! In tal caso se nella diatriba tutta interna al decadente Impero americano tra falchi (trumpisti) e colombe con gli artigli (clintoniani), a vincere fossero i primi, Assange potrebbe essere lanciato verso un morbido atterraggio scandinavo, precursore del rientro in Australia. Parliamo purtroppo per lui di tempi lunghissimi, ma  sempre meglio che sentire le macabre esternazioni di successo di quell’ avvocato nata a Chicago. 

Lito