Il ritorno di Juan Guaidó: spiegazioni giuridiche sul caso

Ana Cristina Bracho*

Il 29 gennaio 2019, il Procuratore generale della Repubblica Tarek William Saab aveva presentato una petizione alla Corte suprema di giustizia per l’autorizzazione ad avviare un’indagine penale contro il cittadino Juan Guaidó. Lo fece considerando che gli atti compiuti da questo deputato erano legati al verificarsi di “atti violenti nel paese, con dichiarazioni di governi stranieri e il congelamento di beni della Repubblica, fatto che implicherebbe l’aver commesso gravi crimini che minacciano l’ordine costituzionale “. La sua petizione era accompagnata dalla richiesta di misure precauzionali che permettessero alle indagini di avanzare e risolvere la situazione in un possibile procedimento penale.

Nella stessa data, la Corte Suprema di Giustizia aveva comunicato, nella persona del suo presidente, che l’organo collegiale aveva adottato la decisione n. 1 in seduta plenaria, con una istanza del giudice Juan José Mendoza Jover, attraverso la quale si era dichiarato competente, concordando l’autorizzare a un’indagine preliminare contro Guaidó, nonché emanando misure che gli dovevano impedire di lasciare il paese senza autorizzazione fino al completamento dell’indagine; del divieto di alienare e disporre dei beni di sua proprietà; il blocco e l’immobilizzazione dei conti bancari e / o di qualsiasi altro strumento finanziario nel territorio venezuelano.

Il 22 febbraio, nonostante l’ordine del tribunale che gli impediva espressamente di lasciare il paese senza autorizzazione, Guaidó era apparso a Cúcuta (in Colombia) nel quadro del concerto che fungeva da facciata per la presunta violazione della sovranità nazionale, che era stata annunciata il 23 febbraio. Da allora, ha intrapreso un tour latinoamericano durante il quale annunciava che sarebbe tornato a Caracas il 4 marzo.

In questa data, con un importante appello ai media nazionali e internazionali, nonché la presenza di delegazioni internazionali, Guaidó è tornato in Venezuela entrando attraverso l’aeroporto internazionale Simón Bolívar. La presenza di funzionari stranieri accreditati in Venezuela durante questo atto ha generato il rifiuto ufficiale di Miraflores (Il palazzo del Governo venezuelano-ndt.).

Nelle ultime ore, i media internazionali hanno focalizzato la loro attenzione su questo evento che possiamo classificare come una specie di secondo turno del 23 febbraio, perché avevano promesso che questa sarebbe stata l’occasione in cui il mondo avrebbe visto il carattere dittatoriale del governo di Maduro, a cui avevano aggiunto le minacce di conseguenze internazionali se qualche atto fosse avvenuto contro l’oppositore.

Così, nonostante il fatto che durante un’intervista con la giornalista Patricia Janiot, Elliott Abrams (Dipartimento di Stato USA-ndt.) dichiarava che non avrebbero intrapreso un’azione militare se Guaidó fosse stato imprigionato, la Commissione interamericana per i diritti umani, prima dell’annuncio del ritorno dell’auto-proclamato presidente, rilasciava il 28 febbraio 2019, la Risoluzione 1 / 2019 che contiene la misura precauzionale n. 70-19 a tutela degli interessi di quest’ultimo.

Ora, questi fatti, letti alla luce delle disposizioni della legge venezuelana, ci costringono a fare alcune considerazioni. La prima è osservare che si tratta di un altro atto di disconoscimento da parte  dell’Assemblea Nazionale e del suo vertice maggioritario, dell’autorità del Potere Giuridico venezuelano. Bene, ricordiamo che abbiamo osservato questa situazione dal mese di luglio 2016, quando l’Assemblea Nazionale decise di deviare dalla normale relazione con il resto dei Poteri Pubblici.

Il secondo è l’inosservanza personale di Guaidó ad un ordine giudiziario. È importante tenere a mente che, secondo la nostra Costituzione e i trattati internazionali, pochi elementi sono più importanti dell’uguaglianza di fronte alla legge di tutti i cittadini. In questo modo vedremo che tutti, indipendentemente dal fatto che siano funzionari pubblici o no, devono rispettare la legge e le decisioni dei tribunali.

Quindi, se in generale tutti noi abbiamo il diritto di essere presunti innocenti, abbiamo l’obbligo di rispettare gli ordini dei tribunali in caso di processi penali; l’irriverenza o la contumacia hanno conseguenze particolarmente pesanti. È attraverso questi giudizi che gli interessi più sensibili della società sono garantiti e questo è il volto di una forza maggiore che lo Stato ha, nell’ambito della legislazione.

Sulla base di questo, dobbiamo osservare che la condizione di deputato non concede impunità o irresponsabilità. Esiste solo l’immunità che viene segnalata, in caso di nomina, alle massime autorità che devono autorizzare la procedura giudiziaria. Questo, come è riferiamo all’inizio di questa nota, è già accaduto. Allo stesso modo, quando un tribunale della Repubblica assegna un provvedimento cautelare, lo fa perché osserva gli elementi presenti preventivamente e autorizza in modo che si possa procedere.

Il modo in cui vengono applicati, in conformità con le disposizioni del Codice di procedura penale e della Costituzione, obbedisce alla logica di affermare il principio del processo in libertà, stabilendo che tutto ciò che viene fatto fino a quando vi è una condanna, sia il meno travolgente possibile.

Ora, nel caso di specie, quello che abbiamo è un cittadino che si trova ad affrontare un procedimento penale, che ha ricevuto un ordine chiaro ed espresso e che lo ha disatteso. Questa è un’ipotesi comune nella sfera criminale, ed è per questo che lo stesso Codice di procedura penale, nel capitolo che fa riferimento alle misure precauzionali sostitutive, indica ciò che l’autorità giudiziaria dovrebbe fare di fronte a questo scenario.

In questo caso, quando un cittadino non ha rispettato un divieto del paese, diviene compito del Ministero pubblico richiede all’autorità giudiziaria di revocare la procedura cautelare per non conformità, o che l’autorità giudiziaria proceda a farlo d’ufficio, tendendo logicamente a utilizzare una misura di maggiore peso contro il cittadino che non rispettava l’ordine ricevuto.

È importante notare che non vi è alcun mandato di arresto nei confronti di Guaidó, -o almeno non è emerso-, che è lo strumento giudiziario che consente ad un’autorità pubblica di arrestare un cittadino e che gli atti che ha esercitato non sono stati qualificati nel contesto della flagranza, tanto da  consentire un’eccezione a questo principio.

Allo stesso modo, dobbiamo osservare che il dettato di una decisione giudiziaria su quanto accaduto non è questione di semplice automatismo, perché nello schema venezuelano, in questa fase, l’autorità giudiziaria ha come funzione di tendere all’equilibrio, facilitare le procedure che permettono di investigare tutto ciò che aiuta a provare la colpevolezza o l’innocenza – oltre a essere il garante dei diritti degli imputati. Questo è il motivo per cui, in queste materie, dovrebbe essere prevista la decisione delle autorità ed evitare di indicare una posizione che, senza avere tutti gli elementi in considerazione, tracci uno scenario, perché ciò che ci si aspetta è una decisione di giustizia, motivata e ponderata in conformità alla legge.

*Ana Cristina Bracho è una giovane giornalista investigativa dsi Mision Verdad

Fonte: Mision Verdad – Venezuela

http://misionverdad.com/columnistas%20/el-retorno-de-guaido-a-venezuela-aclaratorias-juridicas-sobre-el-caso