Trump e le mosse per lo Scacco Matto

 

Qui sopra il video con la rivelazione di Steve Pieczenik

Steve Pieczenik è nato a La Habana, Cuba, nel 1943; è uno psichiatra, scrittore, editore, compositore e pianista statunitense che ha raggiunto inizialmente la notorietà internazionale per il suo coinvolgimento nel caso Moro in qualità di funzionario del Dipartimento di Stato degli Stati Uniti d’America. Una personalità piena, con una storia complessa e un evidente valore aggiunto per la posizione di appartenenza -molto probabile- ai servizi di sicurezza statunitensi in passato. Sulla sua storia, a grandi linee, potete leggere sotto un breve ritaglio cronologico.

In teoria quindi una persona che se parla, oggi all’età di 77 anni, potrebbe sapere quello che dice. Sospettiamo anche, viste le sue partecipazioni a incontri politici negli USA deducibili dal canale YouTube che diffonde suoi interventi, che le sue posizioni siano vicine al mondo conservatore ma soprattutto a gruppi che sostengono apertamente Donald Trump.

Ebbene la notizia è che Steve Pieczenik sostiene attualmente, facendo molti esempi, le frodi ampie di cui avrebbe sofferto la “legittima” vittoria elettorale di Trump, ma ora ha rivelato che il team legale del Presidente sarebbe anche in possesso di un’arma segreta capace di dimostrare al mondo la frode perpetuata dallo sfidante Biden, grazie al suo totale controllo del sistema mediatico.

L’arma si troverebbe nelle tessere elettorali che accompagnano in busta il voto spedito per posta. Ci sarebbe una filigrana di cui nessuno prima era a conoscenza, impressa indelebilmente sulle tessere, ma naturalmente solo in quelle vere!

Anche altri personaggi, come lui evitati dai media, ma noti al pubblico statunitense sostengono la sua rivelazione.

Noi non facciamo altro che riportare questa novità, avvisando che se questo dovesse rivelarsi utile alla squadra di avvocati –guidati dall’ex sindaco di New York, Rudolph Giuliani noto perché il suo studio legale non ha mai perso una causa– per invertire il percorso scivoloso, spinto dai media di tutto il mondo a favore di Biden, si entrerebbe in una fase inedita della credibilità del Deep State che in questa tornata elettorale è stato rappresentato dai Democratici. Le Colombe con gli artigli, farebbero una figura che li costringerebbe a stare dietro alla lavagna per un tempo illimitato.

Se poi si scoprisse -più avanti- che queste mosse sulla scacchiera sono state programmate da tempo, ci sorgerebbe il sospetto che esperti di torri, regine, cavalli e pedoni abbiano programmato lo Scacco Matto facendo pensare al perdente che ogni sua mossa era una propria scelta.

Molto significative le sostituzioni effettuate ieri ai vertici del Pentagono. La mossa che ha allontanato quattro dirigenti tra i quali il “gran capo” Mark Esper, sostituito da Christopher Miller, sembra dare ragione allo svolgimento della partita di scacchi di cui accenniamo in questo pezzo. Molto probabilmente ci si deve aspettare altre sostituzioni entro questa settimana -in differenti settori- fatto che continuerebbe a favorire un colpo di scena con Trump tutt’altro che sulla difensiva.

Altro indicatore molto significativo: ma i brutti e cattivi trumpisti, le bande a cui aveva dato il fermo immagine, che fine hanno fatto? Non si strappano i capelli per la sconfitta?

Penso che ci siano cose che non sappiamo, ma dalla settimana prossima potrebbero diventare note a tutti…

…e da lì in avanti, nel caso, altro che nuova guerra civile; poveri statunitensi. Ma le violenze di piazza partirebbero dai sostenitori Dem. I sostenitori armati di Trump sembrano per ora i meno arrabbiati, nonostante i risultati sbandierati dai media.

Lito

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(Quanto segue è ricavato da Wikipedia)

Pieczenik è stato deputy assistant secretary of state alle dipendenze di Henry Kissinger, Cyrus Vance e James Baker; le sue competenze comprendevano politica estera, gestione delle crisi internazionali e guerra psicologica. È in seguito stato deputy assistant secretary nelle amministrazioni di Gerald Ford, Jimmy Carter, Ronald Reagan e George H. W. Bush.

Nel 1974 Pieczenik entrò nel Dipartimento di Stato come consulente, incaricato della ristrutturazione dell’Ufficio per la Prevenzione del Terrorismo; nel 1976 divenne deputy assistant e si caratterizzò come specialista in “gestione degli ostaggi”.                

Gli viene attribuito un vincente intervento in alcuni casi di presa di ostaggi, ad esempio il dirottamento del volo TWA 355 New-York-Chicago, da parte di indipendentisti croati, o il sequestro del figlio del presidente della repubblica di Cipro.

Nel 1977 collaborò alla soluzione di una situazione di crisi (poi nota come “assedio di Hanafi”) in cui 12 uomini armati avevano preso possesso di tre edifici a Washington, uccidendo un giornalista radiofonico e tenendo in ostaggio 149 persone, liberate dopo quasi 40 ore di trattative.

Rapimento Moro.

Immediatamente dopo il rapimento, il Ministro dell’interno del tempo, Francesco Cossiga, allestì un comitato di crisi al quale fu aggregato Pieczenik, messo a disposizione del governo italiano da Jimmy Carter lo stesso giorno del rapimento. (In molte ricostruzioni parziali venne addirittura indicato come presente in via Fani, fatto che non pare comprovato a distanza di anni e di testi sul tema del Rapimento Moro-ndr.)

A vent’anni dai fatti, nel 1998, si sviluppò una pesante polemica politica riguardante il tenore di alcune affermazioni del Pieczenik, secondo le quali Moro avrebbe potuto essere salvato e restituito alla vita politica, ma sarebbe stato vittima di un “complotto ad altissimo livello” avente lo scopo di evitare che lo statista fosse liberato; lo psichiatra descrisse un contesto in cui, oltre alla mancanza di intenzione di salvare Moro, affermava di aver riscontrato una grave ricorrenza di infiltrazioni e fughe di notizie (che a suo dire pervenivano perfino alle Brigate Rosse), e per questo, convintosi dell’impossibilità di salvare l’ostaggio, se ne sarebbe tornato in patria. Richard Gardner, al tempo del sequestro ambasciatore USA in Italia, smentì che Pieczenik si fosse allontanato per questo, affermando invece che dopo un mese dal suo arrivo gli avrebbe richiesto di tornarsene in America, giudicandolo non attendibile; il medesimo Gardner, invero, in un suo libro di memorie afferma che Pieczenik sarebbe stato inviato in Italia su richiesta del governo italiano (guidato da Giulio Andreotti) con lo scopo di aiutare a trovare Moro, ed essendo un negoziatore (o come lo descrive lo stesso ambasciatore uno “psichiatra con esperienza in gestione di situazioni di crisi con ostaggi e terroristi”), avrebbe collaborato con Cossiga per provare a rintracciare il rapito attraverso lo studio dei comunicati dei terroristi e delle lettere dello statista, ma la sua presenza non condusse ad alcuna traccia utile a ritrovarlo. Pieczenik comunque lasciò l’Italia, almeno ufficialmente, il 16 aprile, a sequestro ampiamente ancora in corso; ma il medesimo 16 aprile la sua presenza era già attestata negli Stati Uniti insieme a quella di Vito Miceli, ex direttore del SID e al tempo deputato del Movimento Sociale Italiano, proprio mentre rientrava in Italia l’esponente comunista Giorgio Napolitano che aveva con un certo clamore visitato gli USA, facendo tappa in alcune università fra le quali Harvard e MIT, in cui aveva studiato Pieczenik. Miceli sarebbe pochi giorni dopo stato indicato dallo stesso Moro, nella lettera a Flaminio Piccoli del 29 aprile, come una delle persone potenzialmente utili in quanto esperte di scambi di ostaggi.