Come abbiamo venduto Unione Sovietica e Cecoslovacchia per i sacchetti di plastica – Messaggio ai lettori di Honk Kong

di Andre Vltchek*

Da mesi, questa era una storia che volevo condividere coi giovani lettori di Hong Kong. Ora sembra il momento appropriato in cui la battaglia ideologica tra occidente e Cina imperversa e, di cui di conseguenza Hong Kong e il mondo intero soffrono. Voglio dire che nulla di ciò è una novità, che l’occidente ha già destabilizzato così tanti Paesi e territori, fatto il lavaggio del cervello a decine di milioni di giovani. Lo so, perché in passato fui uno di loro. Se no, sarebbe impossibile capire cosa succede a Hong Kong. Sono nato a Leningrado, bellissima città dell’Unione Sovietica.

Ora si chiama San Pietroburgo e il Paese è la Russia. La mamma è per metà russa e metà cinese, artista e architetto. La mia infanzia si divise tra Leningrado e Pilsen, città industriale nota per la birra, all’estremo ovest di quella che era la Cecoslovacchia. Papà era uno scienziato nucleare.
Le due città erano diverse. Rappresentavano qualcosa di essenziale nella pianificazione comunista, un sistema che i propagandisti occidentali avevano insegnato ad odiare. Leningrado è una delle città più belle del mondo, con alcuni dei più grandi musei, teatri lirici e di balletto, spazi pubblici.

In passato, fu la capitale russa. Pilsen è minuscola, con solo 180000 abitanti. Ma quando ero bambino, contava diverse eccellenti biblioteche, cinema d’arte, un teatro d’opera e d’avanguardia, gallerie d’arte, zoo di ricerca, con cose che non potevano essere, come capì in seguito (quando era troppo tardi), trovate neanche nelle città degli Stati Uniti da un milione di abitanti. Entrambe le città, grande e piccola, avevano eccellenti mezzi pubblici, vasti parchi e foreste che arrivavano alla periferia, nonché eleganti caffè. Pilsen aveva innumerevoli strutture gratuite per tennis, calcio e persino badminton.

La vita era bella, significativa, ricca. Non ricca in termini di denaro, ma dal punto di vista culturale, intellettuale e salutare. Essere giovani fu divertente, con sapere libero e facilmente accessibile, con la cultura ad ogni angolo e sport per tutti. Il ritmo era lento: molto tempo per pensare, imparare, analizzare. Ma era anche il culmine della guerra fredda.
Eravamo giovani, ribelli e facili da manipolare. Non eravamo mai soddisfatti di ciò che ci fu dato.

Davamo tutto per scontato. Di notte, eravamo incollati alle nostre radio, ascoltando la BBC, Voice of America, Radio Free Europe e altri servizi che miravano a screditare il socialismo e tutti i Paesi che combattevano l’imperialismo occidentale. I conglomerati industriali socialisti cechi costruivano, per solidarietà, intere fabbriche, dalle acciaierie agli zuccherifici, in Asia, Medio Oriente e Africa.

Ma non vedemmo gloria in questo perché la propaganda occidentale semplicemente ridicolizzava queste imprese. I nostri cinema mostravano capolavori del cinema italiano, francese, sovietico e giapponese. Ma ci dissero di chiedere la spazzatura degli Stati Uniti. L’offerta musicale era fantastica, dal vivo alle registrazioni. Quasi tutta la musica era, in realtà, disponibile anche se con un certo ritardo, nei negozi o addirittura sul palco. Ciò che non era venduta nei nostri negozi era la spazzatura nichilista. Ma era proprio ciò che ci fu detto di desiderare.

E la desideravamo, e la ricopiammo con riverenza religiosa sui nostri registratori. Se qualcosa non era disponibile, i media occidentali gridavano che si trattava di grave violazione della libertà di parola. Sapevano e sanno ancora adesso come manipolare i cervelli dei giovani.
Ad un certo punto, divenimmo dei giovani pessimisti, criticando tutto nei nostri Paesi, senza confronti, senza nemmeno un po’ di obiettività. Suona familiare? Ci fu detto e ripetemmo: tutto in Unione Sovietica o Cecoslovacchia era male. Tutto in occidente era fantastico.

Sì, era come una religione fondamentalista o allucinazione collettiva. Quasi nessuno ne fu immune. In realtà, eravamo infetti, malati, resi degli idioti. Usavamo strutture pubbliche e socialiste, dalle biblioteche ai teatri e caffè sovvenzionati, per glorificare l’occidente e infangare le nostre nazioni. È così che fummo indottrinati, dalle stazioni radiotelevisive occidentali e dalle pubblicazioni introdotte clandestinamente. Ai tempi, i sacchetti di plastica occidentali erano diventati lo status symbol! Sapete, quelle borse che si hanno nei supermercati o grandi magazzini.

Quando ci penso dopo decenni, non ci credo: giovani istruiti che camminavano con orgoglio per le strade esibendo borse della spesa di plastica, per le quali pagavano somme considerevoli. Perché venivano dall’occidente. Perché simboleggiavano il consumismo! Perché ci fu detto che il consumismo è buono.
Ci fu detto che dovevamo desiderare la libertà. La libertà occidentale.

Ci fu chiesto di “lottare per la libertà”. In molti modi, eravamo molto più liberi che in occidente. Lo capì quando arrivai a New York per la prima volta e vidi quanto erano istruiti i ragazzi della mia età, quanto superficiale fosse la loro conoscenza del mondo. Quanta poca cultura c’era, nelle normali città del Nord America di medie dimensioni. Volevamo, chiedevamo jeans firmati. Desideravamo ardentemente etichette musicali occidentali al centro dei nostri LP. Non si trattava dell’essenza o del messaggio. Era la forma la sostanza. Il nostro cibo era più gustoso, prodotto ecologicamente. Ma volevamo packaging occidentale colorato. Chiedemmo prodotti chimici.

Eravamo sempre arrabbiati, agitati, conflittuali. Ci mettevamo contro le nostre famiglie. Eravamo giovani, ma ci sentivamo vecchi. Pubblicai il mio primo libro di poesie, poi partì, sbattei la porta alle mie spalle e andai a New York. E subito dopo capì quanto fui ingannato!
Questa è una versione molto semplificata della mia storia. Lo spazio è limitato. Ma sono contento di poterla condividere ai miei lettori di Hong Kong e, naturalmente, coi giovani lettori in Cina. Due Paesi meravigliosi che erano la mia casa furono traditi, letteralmente venduti per niente, per jeans firmati e sacchetti di plastica. Celebrando l’occidente! Mesi dopo il crollo del sistema socialista, i Paesi furono letteralmente derubati di tutto dalle aziende occidentali. Le persone persero casa e lavoro e l’internazionalismo fu scoraggiato. Le orgogliose compagnie socialiste furono privatizzate e, in molti casi, liquidate. Teatri e cinema convertiti in mercatini dell’usato. In Russia, l’aspettativa di vita scese ai livelli dell’Africa sub-sahariana. La Cecoslovacchia fu divisa.

Ora, decenni dopo, Russia e Repubblica Ceca sono di nuovo ricche. La Russia ha molti elementi del sistema socialista con pianificazione centrale. Ma mi mancano i miei due Paesi, come una volta, e tutti i sondaggi mostrano che anche alla maggior parte delle persone mancano. Mi sento anche in colpa, giorno e notte, per aver permesso a me stesso di essere indottrinato, usato e di aver tradito. Dopo aver visto il mondo, capisco che ciò che successe all’Unione Sovietica e alla Cecoslovacchia, è successo anche a molte altre parti del mondo. E proprio ora, l’occidente punta alla Cina, usando Hong Kong.

Ogni volta in Cina, ogni volta a Hong Kong, continuo a ripetere: per favore non seguite il nostro terribile esempio. Difendete la vostra nazione! Non vendetela, metaforicamente, per degli sporchi sacchetti di plastica. Non fate qualcosa di cui vi pentirete per il resto della vita!

*Andre Vltchek è un filosofo, romanziere, regista e giornalista investigativo. Ha coperto guerre e conflitti in dozzine di paesi. Tre dei suoi ultimi libri sono sull’ottimismo rivoluzionario, il nichilismo occidentale, un romanzo rivoluzionario “Aurora” e un’opera di saggistica politica di successo: “Exposing Lies Of The Empire”. Ha girato il film “Rwanda Gambit”, un rivoluzionario documentario su Ruanda e DRCongo e il dialogo con Noam Chomsky “On Western Terrorism”. Vltchek attualmente risiede in Asia orientale e Medio Oriente e continua a lavorare in tutto il mondo

Fonte: China Dayling – Cina (Hong Kong)

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