Libia: due rivoluzioni sui lati opposti della storia

Fatti sconosciuti ai più sono stati determinanti per liquidare lo stato libico. Anche i progressisti europei, imbevuti d’informazione pilotata, hanno accettato senza battere ciglio la fine della Gran Giamahiria Araba Libica Popolare Socialista

I cartelloni con Gheddafi che annunciava la rivoluzione dell’acqua in Libia

La rivoluzione di Gheddafi ha creato uno degli esperimenti di maggior successo nella democrazia economica del 21° secolo. Questo mese segna mezzo secolo dalla rivoluzione libica di Muammar Gheddafi, che rovesciò re Idris sostenuto dagli statunitensi. Nella rivoluzione del 1969 in Libia, Muammar Gheddafi ereditò una delle nazioni più povere in Africa; tuttavia, quando fu assassinato, il socialismo di Gheddafi aveva trasformato la Libia nella nazione più ricca dell’Africa. La Libia aveva il più alto PIL pro capite ed aspettativa di vita del continente. La controrivoluzione del 2011 appoggiata dall’occidente portava la Libia a divenire uno Stato fallito e la sua economia rovinata. Il presidente Obama disse che il suo peggior errore da presidente degli Stati Uniti fu la Libia; e “non riuscì a pianificare il giorno dopo” il rovesciamento di Gheddafi. Le due rivoluzioni verificatesi in Libia negli ultimi 50 anni non hanno potuto essere più diametralmente opposte.


La scomparsa di Gheddafi provocava gli scenari peggiori per la nazione: le ambasciate occidentali sono tutte andate via, il sud della Libia è il paradiso dei terroristi e le coste un centro di traffico in massa dei migranti. Egitto, Algeria e Tunisia hanno chiuso i confini con la Libia. Tutto ciò avviene in un ambiente di assassini dilaganti, stupri e torture che completano il quadro di uno Stato fallito fino in fondo. Nel 2011, l’obiettivo dell’occidente non era chiaramente aiutare il popolo libico, che aveva già il più alto tenore di vita in Africa, ma di estromettere Gheddafi, installare un regime fantoccio e controllare le risorse naturali della Libia. Chi pensa che l’intervento dell’occidente in Libia fosse solo un altro sequestro di petrolio si sbaglia. In generale, per gli USA, l’intervento militare riguardava principalmente le armi; per l’Italia petrolio e naturale; e per la Francia, l’acqua. Dato che la Libia si trova sull’intersezione strategica dei mondi africano, mediterraneo e arabo, il suo controllo è sempre stato un modo straordinariamente efficace per le nazioni occidentali di proiettare potenza in queste tre regioni e oltre. Il sostegno della Francia alla rivoluzione del 2011 fu principalmente guidato dall’interesse per una merce più preziosa del petrolio: l’acqua, che promette di essere nel 21° secolo ciò che il petrolio era ne 20° secolo. L’acqua sarà la preziosa merce che determinerà ricchezza e destino delle nazioni. A differenza del petrolio, non ci sono sostituti o alternative all’acqua. La natura ha decretato che l’approvvigionamento idrico è fisso. Nel frattempo la domanda aumenta inesorabilmente quando le popolazioni crescono e si arricchiscono. La crescita della popolazione, i cambiamenti climatici, l’inquinamento e l’urbanizzazione si combinano senza sosta, in modo tale che la domanda di acqua dolce supererà l’offerta del 40% entro il 2040.
La Libia si trova su una risorsa più preziosa del petrolio, la Nubian Sandstone Aquifer, la più grande fonte sotterranea di acqua dolce del mondo. Il sistema acquifero dell’acqua fossile si formò circa 20000 anni fa e contiene 150000 chilometri cubi di acqua dolce. Gheddafi aveva investito 25 miliardi di dollari nel Great Man-Made River Project, un complesso acuquedotto lungo 4000 km sepolto nel deserto e che poteva trasportare due milioni di metri cubi di acqua al giorno. Un tale schema monumentale di distribuzione dell’acqua stava per trasformare la Libia, nazione al 95 per cento desertica, in un’oasi autosufficiente e coltivatbile. Oggi, le megasocietà globali della Francia, come Suez, Ondeo e Saur, controllano oltre il 45% del mercato idrico del pianeta, un’industria globale da 400 miliardi di dollari. Per la Francia, la rivoluzione del 2011 in Libia riguardava controllo e privatizzazione delle sorprendenti risorse idriche della Libia. Mesi prima che il presidente Obama iniziasse a sganciare bombe sulla Libia, la Central Intelligence Agency avvertì sulla “… futura “guerra idrologica” in cui fiumi, laghi e falde acquifere diventeranno beni della sicurezza nazionale per cui combattere…” o controllati da eserciti per procura e Stati clienti. La rivoluzione del cambio di regime in Libia fu il principale esempio di guerra idrologica imperialista.

Ora che i profitti idrici della Libia fluiscono verso occidente, non sorprende che le regioni occidentali della Libia stiano esaurendo l’acqua potabile. A causa dell’avidità aziendale e della negligenza, i due terzi dei principali condotti idrici della nazione non funzionano più. Mustafa Umar, portavoce dell’UNICEF per la Libia, stima che in futuro circa quattro milioni di libici potrebbero essere privati dell’accesso all’acqua potabile provocando un focolaio di epatite A, colera e altre malattie della diarrea, nonostante la più grande falda acquifera del mondo sotto la casa.
Per l’Italia, il sostegno alla rivoluzione del 2011 fu alimentato dalla sete di petrolio e gas dell’ex colonia. La Libia ha le maggiori riserve di petrolio in Africa e sotto Gheddafi, l’85% delle esportazioni erano dirette in Europa. Prima di Gheddafi, re Idris lasciava che la Standard Oil scrivesse le leggi sul petrolio della Libia. Gheddafi pose fine a tutto ciò. Il denaro dai proventi del petrolio fu depositato direttamente sul conto bancario di ogni cittadino libico. Non sorprende che le compagnie petrolifere italiane abbiano fermato questa nobile pratica. Il petrolio della Libia è molto importante per l’Italia per la vicinanza, la facilità dell’estrazione e la leggerezza del greggio. La maggior parte delle raffinerie in Italia e altrove sono costruite per far lavorare il greggio libico, e non possono lavorare facilmente il greggio saudita più pesante e che ha sostituito il deficit della produzione libica. La Libia ha riserve di gas naturale per oltre 52,7 trilioni di piedi cubi e vaste aree devono ancora essere sondate. Con forniture garantite disponibili dalla Libia, l’Italia è meno dipendente dalle forniture della Russia che, sul fronte energetico, sempre più flette i muscoli e mette naso nell’Europa continentale. Il colosso petrolifero italiano, ENI, aveva acquistato una partecipazione di controllo delle attività libiche di British Petroleum ed ha un accordo col regime libico per estrarre giornalmente 760 milioni di piedi cubi di gas naturale. Col bottino di guerra del mercato idrico della Libia goduto dai francesi e petrolio e gas naturale in gran parte destinati agli italiani, di conseguenza gli USA appoggiarono la rivoluzione del 2011 per un altro mercato: le armi.

Nel giugno 2019 il New York Times riferì che furono trovate armi pesanti statunitensi in un arsenale dei ribelli sostenuti dagli statunitensi in Libia. Il New York Times dichiarò che “i segni sulle casse dei missili identificano il loro produttore, i giganti delle armi Raytheon e Lockheed Martin, e un numero di contratto che corrisponde a un ordine da 115 milioni di dollari per missili Javelin”. La Libia è ora la manna per i rivenditori di armi statunitensi e sede del più grande deposito di armi disperse del mondo. Dal petrolio all’acqua, dalle armi al gas naturale, la rivoluzione del 2011 in Libia fece incassare miliardi di dollari all’occidente e prodotto solo miseria e guerra civile infinita ai libici. La rivoluzione di Gheddafi cinquant’anni fa fu completamente diversa.
Per oltre 40 anni Gheddafi promosse la democrazia economica e utilizzò la ricchezza petrolifera nazionalizzata per sostenere programmi progressisti di assistenza sociale per tutti i libici. Sotto il governo di Gheddafi, i libici non solo godevano di assistenza sanitaria ed istruzione gratuite, ma anche di prestiti senza interessi e lucegratis. Ora, grazie all’espulsione NATO di Gheddafi, i black out elettrici sono comuni nella Tripoli un tempo fiorente, il settore sanitario è sull’orlo del collasso mentre migliaia di operatori sanitari filippini fuggono dal Paese e le istituzioni dell’istruzione superiore in tutto l’est del paese sono chiuse. Un gruppo che ha sofferto immensamente dalla rivoluzione del 2011 appoggiata dall’occidente sono le donne della nazione. A differenza di molte altre nazioni arabe, le donne della Libia di Gheddafi avevano il diritto a istruzione, lavorare, divorziare, detenere proprietà ed avere un reddito. Anche il Consiglio per i diritti umani delle Nazioni Unite elogiò Gheddafi per la promozione dei diritti delle donne. Quando Gheddafi prese il controllo nel 1969, pochissime donne andavano all’università. Poco prima che l’aeronautica militare statunitense iniziasse a bombardare la Libia nel 2011, più della metà degli studenti universitari libici erano donne. Una delle prime leggi che Gheddafi approvò nel 1970 fu la pari retribuzione con la legge sul lavoro. Dopo la rivoluzione del 2011, il nuovo regime libico “democratico” reprime i diritti delle donne. Le nuove tribù dominanti sono fortemente legate alle tradizioni patriarcali. Inoltre, la natura caotica della politica libica post-intervento permisero il libero regno delle forze islamiste che vedono l’uguaglianza di genere come perversione occidentale.

Contrariamente alla credenza popolare, la Libia, che i media occidentali descrivevano abitualmente come “dittatura militare di Gheddafi”, era in realtà uno Stato democratico. Sotto l’esclusivo sistema della democrazia diretta di Gheddafi, le tradizionali istituzioni di governo furono sciolte e abolite e il potere apparteneva al popolo direttamente attraverso vari comitati e congressi. Lungi dal controllo nelle mani di un solo uomo, la Libia era fortemente decentralizzata e divisa in molteplici piccole comunità, essenzialmente “mini-Stati autonomi” nello Stato. Questi Stati autonomi avevano il controllo sui distretti e potevano prendere varie decisioni, incluso come allocare le entrate petrolifere e i fondi di bilancio. In questi mini-Stati autonomi, i tre principali organi della democrazia libica erano i comitati locali, i congressi popolari di base e i consigli rivoluzionari esecutivi. Il Congresso Popolare di Base (BPC), o Mutamar shabi asasi, era essenzialmente l’equivalente libico della Camera dei Comuni nel Regno Unito o della Camera dei Rappresentanti negli Stati Uniti. Tuttavia, gli ottocento Congressi popolari di base della Libia non erano costituiti solo da rappresentanti eletti, invariabilmente ricchi, che facevano le leggi per conto del popolo; piuttosto, il Congresso permise a tutti i libici di partecipare direttamente a questo processo. Nel 2009, Gheddafi invitaò il New York Times in Libia a trascorrere due settimane osservando la democrazia diretta della nazione. Il New York Times, molto critico nei confronti dell’esperimento democratico di Gheddafi, ammise che in Libia l’intenzione era che “tutti siano coinvolti in ogni decisione. Le persone s’incontrano in commissioni e votano di tutto, dai trattati stranieri alla costruzione di scuole”. Lungi dall’essere una dittatura militare, la Libia di Gheddafi era la democrazia più prospera dell’Africa. Nella versione occidentale della “democrazia” in Libia oggi le milizie, variamente locali, tribali, regionali, islamiste o criminali, formavano due fazioni in guerra. La Libia ora ha due governi, entrambi coi proprio Primo Ministro, parlamento ed esercito, alimentando una guerra civile perpetua e distruggendo ogni possibilità di vero Stato democratico. Chiaramente, la rivoluzione di Gheddafi ha creato uno degli esperimenti di maggior successo nella democrazia economica del 21° secolo. In netto contrasto, la controrivoluzione appoggiata dall’occidente nel 2011 che potrebbe entrare nella storia come uno dei pergiori fallimenti sociali e militari del 21° secolo.

*Garikai Chengu è un politologo e storico dell’Africa che ha studiato ad Harvard, Stanford e alla Columbia University (USA)

Fonte: Black Agenda Report – USA

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