Fermi tutti: forse la Terza Guerra Mondiale non è finita…

Fermi tutti: forse la Terza Guerra Mondiale non è finita…ma se a dirlo sono i soliti mezzi di comunicazione delle multinazionali forse non ci credo

Titanic 2.0 con Donald Trump e Boris Johnson

di Lito

La presa sullo Stato Profondo, quello investito in pieno dal potere mediatico dei klintoniani, potrebbe non essere ancora in fase di allentamento. Oppure potrebbe trattarsi degli ultimi colpi di coda di quel loro controllo diffuso, abbondante proprio nel settore della comunicazione, che come abbiamo visto durante il mandato Trump, si è dimostrato particolarmente tenace. Pare la lotta senza quartiere che si vede da tempo a Londra: fuori o dentro l’Europa Unita? Ma fuori, fuori o dentro un pochino, con un piede che evita la chiusura dell’uscio?

Chiaro è che la fine di un’epoca non avviene senza contraccolpi e con i soggetti designati alla sconfitta che si ritirano in buon ordine. Questo anche perché da quando guerra è guerra, chi perde paga tutto, e si deve accollare pure le nefandezze fatte del vincitore!

Però fermi tutti, un grido stampa dell’ultima ora ci fa volare alto! Stando al Washington Post, il presidente statunitense avrebbe cercato di manipolare il governo ucraino per favorire la sua rielezione. Riportiamo il titolone dal quotidiano della capitale federale USA: “Oggi si è scoperto anche che Donald Trump avrebbe fatto ripetutamente pressione nella telefonata di luglio al presidente ucraino perché Kiev aprisse un’indagine sul figlio di Joe Biden”. Il figlio del concorrente alle prossime elezioni sarebbe, di suo, coinvolto in un torbido affair legato agli idrocarburi…

Da notare come sempre il famoso avrebbe.

Invece noi, abbiamo già visto più volte gli attacchi a Trump su questioni estere, tanto da pensare che dopo l’ennesima chiamata, al lupo – al lupo, la volta che si presentasse veramente, ormai nessuno ci  crederebbe più. Quella più estenuante, durata anni, è stata la stressante vicenda del caso solennemente sgonfiatosi del Russia-gate, quello dove abbiamo visto il crollo finale alla deposizione del Procuratore Speciale Robert Muller.

Tornando quindi con i piedi a terra, dopo aver letto e apprezzato molto l’intervento del Ministro degli Esteri russo Sergei Lavrov (che abbiamo da poco riportato quì), restiamo in attesa dell’ormai famoso discorso di Trump all’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, perché da quel momento si potranno tessere ipotesi concrete sul futuro della geopolitica. Anche se i media ancora accodati al klintonismo cercano di spostare l’attenzione su altro, il centro della questione è proprio relativo a che cosa risponderà il Mega Berlusconi d’oltreoceano agli inviti coerenti e precisi della posizione russa, condivisa non solo verso oriente, ma diffusamente nel resto del mondo.

In pratica avranno capito che la via per nuovi golpe, blocchi economici, rivoluzioni colorate o guerre per procura… si potrà svolgere solo su una strada inesorabilmente sempre più stretta, fino a diventare una gola chiusa e poi un imbuto?

Per nostra storia personale abbiamo conosciuto e dialogato di politica estera con rappresentanti del pragmatismo nordamericano. La vera anima profonda della politica statunitense non è come da sempre è dato vedere il ricorso al revolver, ma la convenienza di fondo, il pragmatismo appunto.

Sfoderare la pistola e sparare, fin’ora è stato l’elemento concreto della scelta pragmatica. Nel momento in cui di fronte alla pistola (metaforica) si piazzasse il cannone (metaforico?) vedremmo il pragmatismo dirigere le scelte verso più miti consigli.

Anche questo sarebbe un sintomo dell’avvicinarsi della fine di un impero.